mercoledì 10 novembre 2010

Nudità d'Italia: Carlo Alberto


Ogni giorno che passa ci avviciniamo sempre di più al fatidico 2011, una data che risplende d'importanza capitale per tutti noi esseri umani disgraziatamente nati entro i confini italici!
Cosa accadrà nell'anno fatale?
No, non finirà il mondo. Secondo Voyager, quello succederà nel 2012.
No, non ci libereremo di Berlusconi. Per chi non lo avesse capito, questo non accadrà mai.

Nel 2011 festeggeremo i 150 anni dell'Unità d'Italia!
Ebbene sì, so che la notizia è sconvolgente. Già ci immaginiamo i nostri lettori saltare sulla sedia e correre a dedicarsi a febbrili preparativi per non farsi trovare impreparati quando per le strade della città sfileranno cortei festanti (tranne i lettori leghisti che andranno a tatuarsi sul loro durissimo pene "Cazzo c'è da festeggiare?", salvo poi scoprire che lo spazio non basta e ritrovarsi con il semplice promemoria per le mogli: "Cazzo c'è").

Ma noi non siamo leghisti, e intendiamo preparare i nostri lettori all'evento, quando nelle serate mondane tra una sautè di vongole e un piatto di penne tricolori, l'argomento principale delle discussioni sarà "Che fico il Risorgimento!".

(Per chi avesse frequentato la scuola italiana, ricordiamo che il Risorgimento NON è quello che accadde a Gesù il terzo giorno dopo la crocefissione. Certe cose meglio puntualizzarle).

Ecco quindi il primo di una serie di piccoli ritratti dei nostri eroi della patria! Coloro che con il coraggio dei propri sogni hanno reso possibile l'Italia, la pizza, il mandolino, i baffi neri, la mafia, l'undicesima edizione del Grande Fratello, Platinette, il rigore di Grosso, la casa di Montecarlo, Veltroni, i film di Vanzina e compagnia bella! (prevediamo che dopo questo piccolo elenco le file dei Leghisti si ingrosseranno di brutto, così come le prenotazioni dai tatuatori).

Cominciamo in questa puntata con uno dei nostri re preferiti, Carlo Alberto di Savoia!

Carluccio Albertino proprio non ci pensava a diventare Re, e sospetto che la cosa non lo sconvolgesse più di tanto. Era un cosiddetto paraculato, rampollo di un ramo collaterale della famiglia regnante, il che significava che poteva passare le sue giornate a non fare un cazzo dalla mattina alla sera, dedicandosi ai suoi passatempi preferiti: giocare ai soldatini e ritagliare e appiccicare sull'album le figurine Panini dei santi.
All'età di 40 anni.
Prima di lui in linea di successione ci stavano due dico due zii. Uno, Carlo Emanuele, aveva la testa da un'altra parte e addirittura si era unito all'esercito napoleonico quando questo era venuto a mostrare agli italiani che i francesi ce l'hanno duro (no, non era leghista).
Un altro zio, Carlo Felice, al contrario, possedeva tutte le caratteristiche di un vero Re: l'amore per la bella vita sulle spalle dei sudditi, la passione per il suono secco delle scudisciate sulla schiena dei suddetti sudditi che provavano a pronunciare parole come "Repubblica", "Libertà", "dissenso" e "costituzione" (a qualcuno fischieran le orecchie).

Carlo Alberto invece era cresciuto a Parigi, dove ce l'hanno duro, e queste parole le aveva sentite eccome, e non sussurrate all'orecchio ma proclamate a voce alta. C'è da dire che a lui non doveva piacere molto, quando cercava di convincere un compagno di giochi a scambiare un San Pietro con due San Matteo sdruciti e si sentiva rispondere "Mais non! Il n'est pas egalitè!" (traduzione dal francese maccheronico "Cazzo fai! Non c'è uguaglianza!").
Per farla breve, Carlo si ritrova a Torino a farsi i beneamati affaracci suoi quando i torinesi, fomentati dalle notizie che arrivavano un pò da tutte le parti riguardanti re spagnoli che concedevano costituzioni, si dissero "e perchè i mangiapajella sì e noi no?" e fecero un gran casino, presentandosi poi dall'allora re Vittorio Emanuele chiedendogli questa benedetta Costituzione. Il quale Vittorio Emanuele, uomo di sani principi, non se la sentiva di ricacciarli a fucilate, ma la parola "costituzione" gli provocava l'orticaria (non riusciva nemmeno a pronunciarla, un po' come Fonzie quando prova a dire "ho sbagliato" e non gli esce). Decise così di adottare la tattica preferita dei Savoia, allocata, secondo gli ultimi studi, nel loro 450esimo cromosoma: la fuga. Così abdicò in favore di Carlo Felice, che però in quel periodo se ne stava Felice-mente in vacanza dalla vacanza: così si guardò intorno, ed il suo sguardo cadde su Carlo Alberto, che nel frattempo se ne stava dietro al trono ad organizzare l'assalto dei soldatini bianchi contro i soldatini neri.
"Toh beccati la reggenza intanto che Carlo Felice finisce di fare il bunga bunga" gli dice, fa le valigie e scappa in Portogallo (l'Antigua dell'800).
Carlo Alberto a quel punto si ritrovò in uno stanzone chiuso con una serie di bifolchi armati di fucile che gli dicono gentilmente: "Embè"?
"Dove devo firmare?" rispose coraggiosamente, guadagnandosi da quel giorno una fama di Re liberale che non si scrollò di dosso nemmeno quando si comportò da gran testa di cazzo.
Ovviamente Carlo Felice, quando seppe tutto, fece il cazziatone a Carlo Alberto, tornò a casa e annullò tutto quel che aveva fatto.

Fine dei moti del 1821. Da quel giorno Carlo Alberto capiì tre cose:
1- a quanto pare gli sarebbe toccato, prima o poi, diventare Re.
2- diventare Re è una gran rottura perchè distoglie dai soldatini e dalle figurine dei santi.
3- meglio assecondare masse di bifolchi armati e zii incazzosi.

Passarono 10 anni di soldatini e figurine, poi nel 1831 Carlo Felice tira le cuoia e il destino ineluttabile ebbe il suo corso. Carlo Alberto diventa Re del Piemonte.
Giusto per non dare adito a dubbi, cominciò una seria politica repressiva nei confronti dei rivoluzionari, repubblicani e francesi in generale, forse per guadagnarsi il rispetto della Chiesa. (Con pochi risultati, visto che pare che l'arcivescono di Torino lo chiamasse in gran segreto "Cavolus Albertus").
Siccome però gli italiani sono intelligenti, continuarono a considerarlo un re liberale.
Allora Carlo Alberto, sconvolto, instituì un Consiglio di Stato che aveva l'unico scopo di vigilare sul fatto che qualsiasi anti-monarchico passasse il resto della sua vita in carcere.
Siccome però gli italiani sono intelligenti, la chiamarono "Riforma" e se ne aspettarono altre.
Non potendone più, Carletto gettò la spugna e affidò ai primi che passavano il compito di governare. Questi primi che passavano si chiamavano D'Azeglio e Gioberti, i quali, approfittando del fatto che Carlo se ne sbatteva altamente, si adoperarono per migliorare le condizioni economiche e sociali del regno.
1831. Un giorno che era tutto soddisfatto perchè aveva completato l'album delle figurine di santi, Carlo Alberto Re del Piemonte sentì un gran trambusto fuori alla finestra ed uscì dalla sua stanza dei giochi per la prima volta da mesi, chiedendo cosa accadesse. Uno dei suoi servi gli rispose: "Ehm sire, sarebbero il popolo per quella vecchia storia della Costituzione, sa..."
"Facciamo come la scorsa volta" rispose Carlo Alberto, roteando gli occhi, "ma stavolta scriveteci che devono avere tutti per forza un album di figurine dei santi".
Ecco come nacque lo Statuto Albertino, la mamma della nostra Costituzione. Ovviamente si evitarono accenni alle figurine, ma per non scontentare il Re si scrisse chiaro e tondo che quella cattolica era la religione del Regno, e gli altri andassero affanculo.
Tanto per precisare, quella costituzione faceva abbastanza cagare. Il diritto di voto dipendeva da quanto guadagnavi, i senatori li sceglieva il Re.
Ma siccome gli italiani sono intelligenti festeggiarono quella schifezza. Si sa, in tempi di magra la cicoria pare rucola.

Concluderemo la storia di Carlo Alberto parlando di quella che trionfalmente viene tramandata come "la prima guerra d'indipendenza", nel 1848.
Accadde che a Milano e a Venezia gli austriaci costringessero gli abitanti a fumare sigarette teutoniche, che facevano schifo. Agli italiani parve un buon motivo per ribellarsi, e quindi cacciarono gli stranieri e iniziarono a parlare di Repubblica.
Carlo Alberto non ci vide più. Come gli veniva in mente a quelli di parlare di Repubblica? Fosse mai che poi i piemontesi si contagiavano con quelle idee eretiche! Prese così un esercito sgangherato e partì alla volta di Milano, senza sapere bene se era per reprimere la rivolta o per limitare i danni prima che la situazione sfuggisse di mano.
La spedizione fu una schifezza vera e propria. Persino il Papa e il Regno di Sicilia mandarono truppe, salvo poi ritirarle subito quando capirono che così facendo regalavano il Lombardo Veneto all'ottuso Carlo Alberto. Vistosi solo, Carletto prese tante botte (cosa che lo lasciò basito: quando giocava ai soldatini contro sè stesso vinceva sempre!) e si ritirò.

Alla faccia della Guerra d'Indipendenza.

C'è da dire che l'anno dopo ci riprovò, prendendoci ancora più mazzate. Ricordandosi così il suo sangue Savoia, adottò la tattica di famiglia, abdicò in favore del figlio e se ne andò in Portogallo con soldatini e album in valigia.

E siccome noi italiani siamo intelligenti, gli dedichiamo piazze, vie e statue, e lo abbiamo proclamato "eroe del Risorgimento!"

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