giovedì 9 dicembre 2010

La Compagnia di Sten, Capitolo 1: I clienti non te li puoi scegliere

(Nota: per chi si fosse perso la prima parte delle mirabolanti avventure della Compagnia di Sten, andate qua e sbalordite!)

Sten non era del tutto convinto che quell'elfa potesse davvero costituire un serio trampolino di lancio della sua neonata Compagnia. Va bene, era una fanciulla in difficoltà, ma era brutta. Aveva il vestito a brandelli, il che non guasta, addosso ad una donna: ma quell'elfa aveva gli occhi leggermente storti, il naso adunco, i denti sporgenti e la pelle opaca.
Tutto il contrario delle splendide elfe pettorute di cui parlava Leoril nel sonno.
"Per favore, aiutatemi" diceva l'elfa peggiorando le cose. La sua voce pareva il gracchiare di un corvo, solo più stridulo.
"Dovremmo fare qualcosa?" chiese Sten sottovoce a Pasgal. "Tecnicamente non è una donzella in pericolo... è solo povera e brutta".
"Non era questa l'attività che desideravi?" rispose Pasgal, gettando un'occhiata all'elfa. "Certo questa clientela non è meglio del lavoro che facevi prima".
Leoril intanto si era già avvicinato all'elfa. Non vedeva un esemplare di sesso femminile della sua razza da... beh, da prima della pubertà elfica.
Bisogna sapere che la pubertà elfica è una gran brutta bestia. Passi 60 anni in una condizione di efebica pace interiore, trovando la gioia in semplici passeggiate a piedi nudi sull'erba; e all'improvviso ti ritrovi con potenti erezioni alla semplice vista di un albero con la corteccia scollacciata e la terrificante sensazione di aver sprecato la tua vita. In linguaggio elfico si chiama "Anel'ith d' imenem". La pronuncia è straordinariamente simile alla traduzione.
Quell'elfa faceva proprio al caso suo, pensava Leoril con gli occhi iniettati di sangue.
"Messeri vi prego, i miei compagni sono stati attaccati" gracchiò l'elfa. La direzione storta del suo sguardo fece credere ad ognuno degli avventori della locanda che stesse parlando proprio con lui. Ma Leoril fu l'unico ad interessarsi delle sue disgrazie. In elfico questa tecnica si chiama "Alean Eleye", ovvero: "fingi che te ne freghi qualcosa e poi allunga le mani".
"Da chi?" le chiese, misurandole il seno con lo sguardo.
"Un gruppo di orchetti" rispose l'elfa.
Leoril cambiò improvvisamente idea. La pubertà elfica è potente, ma non quanto l'istinto di autoconservazione Leoriliano.
"Io non voglio morire contro gli orchetti, ho ancora tanto da studiare", disse, bruciando le tappe e saltando direttamente dalla pubertà a quell'età in cui un paio di pantofole calde valgono più di qualsiasi altra cosa.
Pasgal pensò che gli orchetti dovevano averla lasciata in vita perchè l'avevano scambiata per una di loro, solo più brutta. "Avvertiamo mio padre" suggerì, "ci penserà lui."
Sten a sentire la parola orchetti passò in un nanosecondo dal dubbio all'esaltazione. Decapitare orchetti era proprio il tipo di attività che si era immaginato per la sua Compagnia. Un ottimo biglietto da visita: Compagnia di Sten, decapitiamo orchetti sin dal 256.
"Ma che avvertire il Tempio!" sbottò, "Silvanus è neutrale, ricordi? Questa è la nostra occasione di entrare nel giro importante! Mi dica, signorina, quanti erano? Dove li avete incontrati?"
"Viaggiavamo sulla strada per Sylvermoon, eravamo partiti da poco... e ci hanno sorpresi nella notte. Hanno preso mio padre! Erano 3, o forse di più, a giudicare dalle urla" precisò l'elfa, coprendosi il volto con le mani e migliorando così il suo aspetto.
Forse che non vederla in volto distese gli animi, forse che ormai Leoril e Pasgal erano rassegnati ad affidarsi al folle progetto di Sten, finì che decisero di aiutarla, a patto che lei non avesse più tolto le mani dalla faccia. Pasgal insistè inoltre che almeno si avvertisse il Tempio che loro andavano a dare un'occhiata, e che mandassero rinforzi in caso non tornassero presto. Sten accettò a malincuore. Leoril pensò che in ogni caso quei soldi spesi al corso di Fuga Precipitosa almeno ora avrebbero acquistato un senso.
Il padre di Pasgal, capita l'antifona, fu irremovibile nell'appioppargli dietro Cornelius, detto il Silvanus Incarnato per l'espressione vagamente bovina dei suoi occhi e l'abitudine a masticare il cibo per ore ed ore. Cornelius era silenzioso ed efficiente: sapeva solo menare fendenti con la sua mazza e curare le ferite con i suoi miracoli. Se Silvanus fosse stato un master di un gioco di ruolo, si sarebbe detto che Cornelius era il suo Personaggio Non Giocante.
Prima della partenza la Compagnia si riunì in febbrili discussioni sulla tattica da adottare.
Sten chiese semplicemente che lo si mettesse nella direzione giusta dove menar fendenti.
Pasgal propose di mandare avanti Cornelius, sempre e comunque.
Leoril ebbe la splendida pensata di trasformarsi, grazie al suo incantesimo di Trasmutazione, in una bambina.
"Così non mi riconosceranno" disse fieramente con la voce argentina e le treccine bionde.
"Già" puntualizzò Pasgal guardando la piccola Leoril "nelle favole gli orchi, quando vedono le bambine, fuggono terrorizzati".
"Ma veramente nelle favole gli orchi se le mangiano le bambine. Hanno proprio la passione per le bambine, soprattutto quelle con le treccine!" intervenne perplesso Sten. L'ultima volta che aveva compreso una battuta era stato quando gli dissero che suo zio era morto travolto da una montagna di letame. Lui aveva riso a crepapelle, e la cosa peggiore di tutta la situazione era che non era stata affatto una battuta.
Leoril rassicurò i suoi compagni: "Tranquilli, dura poco, al massimo tra mezz'ora tornerò al mio solito aspetto".

Nell'alto dei cieli, Corellon, il grande Dio degli elfi, si vergognò di averli creati, per la prima volta in circa 10.000 anni. Ma non lo disse a nessuno.

Fu così che un chierico, un ladro, un guerriero, un'elfa imbacuccata in modo che il suo volto non fosse visibile e una bambina con le treccine lasciarono Nido dell'Aquila al calar del sole. Il calar del sole non è mai il momento migliore per cominciare una caccia agli orchetti, ma questa era la Compagnia di Sten.
Poco dopo che Leoril aveva ripreso il suo consueto aspetto, tirando un sospiro di sollievo e marcando un nuovo record nella Classifica Mondiale degli Incantesimi Sprecati (fino ad allora detenuto da Ilter il Tabagista, che, avendo dimenticato l'acciarino a casa, aveva utilizzato una palla di fuoco per accendersi la pipa), la Compagnia si imbattè nell'inquietante sagoma di un orchetto morto.
Sten lanciò un urlo di gioia come se fosse stato lui a farlo fuori, estrasse il suo fido spadone a due mani e decapitò il cadavere.
"Questo lo appenderemo nella futura sede della Compagnia" disse, infilando a forza il testone sanguinolento nello zaino, "per impressionare i clienti".
La Compagnia di Sten. Decapitiamo cadaveri di orchetti dal 256, pensò Pasgal.
Un furioso fruscio di foglie e rametti spezzati preannunciò l'arrivo di un altro elfo dagli occhi storti.
"Arya, ti sei salvata!" gridò con le pupille rivolte verso Leoril.
"Eh?" rispose l'elfo, mentre Arya, l'elfa racchia, corse tra le braccia del padre, che, se possibile, era più malconcio di lei.
"Perfetto, missione compiuta!" disse con sollievo Pasgal. Ma Sten evidentemente non era soddisfatto. Tutta questa storia degli elfi straccioni non gli dava alcuna soddisfazione. Dove erano gli orchetti?
"E voi chi siete?" chiese l'elfo padre.
"Siamo la Compagnia di Sten, e siamo qui per aiutarvi!" disse Sten con un'intonazione talmente impostata che sfociava quasi nel falsetto.
"Ah, un gruppo di avventurieri!"
"Una Compagnia di ventura" puntualizzò Sten.
Venne fuori che l'unico ad esser davvero scomparso era la guida degli elfi, rapita dagli orchetti nel bel mezzo della notte. L'elfo padre offrì una ricompensa se lo avessero riportato indietro, e Pasgal si sentì decisamente più motivato. Cercò qualche traccia di piedoni callosi e ne individuò un paio che si dirigevano verso nord. Salutarono allegramente la famigliola di elfi dagli occhi storti e si avviarono, finalmente diretti verso l'Avventura (o la Ventura, come avrebbe preferito dire Sten).

Nella prossima puntata: Mai addormentarsi nella Foresta Ululante. Mai entrare dentro grotte sorvegliate da orchetti. In definitiva: mai aggregarsi alla Compagnia di Sten!

1 commento:

  1. Grandioso... altro che i racconti per il concorso letterario che scriviamo noi dannazione! Troppo ridere..

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