sabato 19 febbraio 2011

Ultime dall'Olimpo: Riti di passaggio


Ultimamente sull'Olimpo non si riesce più a dormire. Le nuvole sono sempre confortevoli, morbide e calde, non come i materassi dei mortali che non si capisce come facciano a non spaccarcisi la schiena sopra. I tramonti accompagnano il sonno oggi come allora, il sole come una palla ghiacciata in un'eterna primavera ci accarezza la pelle con raggi perfettamente inclinati per riprodurre il tepore di una mano amica.
Però non si riesce a dormire.
L'aria tersa è scossa dal rumore di admin che implementano, master che scrivono BG, quester che buildano ad un ritmo frenetico: mai vista tanta attività da quel lontano giorno in cui ebbi accesso allo status divino. Qualcosa è cambiato!
E' cambiato che ci siam resi conto, guardandoci negli occhi dopo una serata di bisboccia al bar di Dioniso (l'unico a non guardarsi negli occhi era Drao, tanto impegnato com'era a tenerli puntati sul sedere di Afrodite, la cameriera), che stavamo aiutando i mortali nel modo sbagliato.
Sì, anche gli dèi sbagliano. Ma non ditelo a Dingwath.
A che servono i superpoteri se poi li usi per raccogliere i fiorellini? Superman forse usa la vista calorifica per scaldare la pasta di ieri? Zeus ha mai lanciato fulmini ad un mortale per fare una cicatrice? Maradona usava forse il suo piede sinistro per tener ferme le porte?
Ed Efesto, il dio zoppo, usava forse il suo martello per sfondare armadi di cui si è persa una chiave?
No, che non lo facevano. Loro facevano GRANDI cose.
E perchè noi no? Siamo forse divinità di serie B?
E' quindi successo che Athulea e Seavel si sono messi di buzzo buono, ed in due giorni han tirato fuori tante novità da riempirci per un anno. E noi miseri semidei ci siamo ritrovati per le mani il potere di cambiare il mondo dei mortali. Ed invece di eriger ponti, erigiamo intere esistenze.
Di tanto in tanto buttiamo uno sguardo tra la massa brulicante di mortali, col naso rivolto all'insù e la bocca piena di bestemmie perchè tardiamo a dargli la loro cicatrice.
Ma ascoltiamo con indulgenza il nostro nome pronunciato invano dalle loro bocche. Amandoli come un Dio ama i propri fedeli, e non come una madre che vizia il proprio primogenito, stiamo lavorando perchè la cicatrice sia l'ultimo dei loro pensieri.
Lo senti quel tuono, mortale? Non è l'ira degli dèi, è il suono della loro attività.

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