lunedì 7 marzo 2011

Cronache dell'Apocalisse: eh ma a Roma....


La mia situazione lavorativa attuale mi impone, di tanto in tanto, di fare delle capatine completamente inutili nella nostra splendida Capitale.
Quando vado a Roma non riesco mai a non ripensare ad un tedescone di nome Ottone III. Questo tipo, Imperatore del Sacro Romano Impero, poteva starsene tranquillamente a casa sua, in Germania, a farsi i fatti suoi, farsi la vita da Imperatore, e farsi le concubine (siamo nel X secolo dopo Cristo). Però aveva il mal di Roma. Cosa difficile da spiegare, visto che Roma in quegli anni era diventata una vera a propria schifezza: le fogne, costruite dagli Antichi Romani (e qua ci vuole la maiuscola), ormai rigurgitavano merda da tutte le parti e nessuno sapeva più aggiustarle. I ponti crollavano e questi erano talmente ridotti male che non c'avevano nemmeno un Bertolasum qualsiasi che assegnasse i lavori ai suoi amici. La gente, per costruirsi le case, siccome non sapeva dove andare a prendere i materiali smontava tranquillamente i monumenti dei Cesari (ecco perchè il Colosseo è un colabrodo: si fottevano i giunti di ferro che tenevano insieme i mattoni). Mezza città era adibita a pascolo: gli unici liberi professionisti erano le puttane.
Però Ottone non poteva fare a meno di amare questa città che ormai, da caput mundi, era diventata caput nihili. Così non poteva fare a meno di tornarci in villeggiatura appena poteva. Una volta promise ai romani che gli avrebbe donato la Villa di Adriano, una splendida residenza rimasta miracolosamente intatta in quel di Tivoli; ma poi si rimangiò l'offerta, forse per paura che i romani (lettera minuscola) smontassero pure quella, come la Caserma di Pompieri della Lego, per farci un paio di Bordelli della Lego.
Ora, i romani sopportavano tutto, ma non che gli si impedisse di smontare un palazzo. Così scesero in piazza e assediarono il palazzo di Ottone, che poveretto, non possedeva manco una televisione e dovette difendersi come poteva. Si affacciò alla disperata al balcone, gettò uno sguardo sui romani inferociti che chiedevano la sua testa, e sparò un pistolotto mostruoso su quanto amasse la città, su come volesse riportarla agli antichi fasti, che lui era un'Imperatore Operaio.
Ora, immaginatevi che cazzo potevano sentire i romani di tutto il suo discorso: all'epoca non è che esistessero i microfoni. Probabilmente vedevano solo un tipo biondo affacciato alla finestra che muoveva le labbra e gli indicava i capi della rivolta.
Ai romani piacciono tantissimo i tizi che parlano ai balconi.
Così linciarono i capi-rivolta, i quali probabilmente accettarono la cosa di buon grado. Voglio dire, l'aveva detto un tizio al balcone: sono pronto a scommettere che si sarebbero linciati da soli.

Ecco, non so se c'entra qualcosa, ma questa immagine di Roma è quella che mi ossessiona tutte le volte che scendo dal Treno e mi immergo nella folla romana.
Regola numero uno: mai farsi nemico uno che parla da un balcone.
I romani sono gente profondamente immersa nella propria storia. Possono non sapere chi fosse Leone I (che scacciò Attila parlandogli da un balcone finto); possono non avere idea di chi fosse Cesare (che non aveva balconi il giorno che fu accoltellato). Però sentono, ad un livello subliminale, di essere eredi di qualcosa di grande.
Tipo che quando arrivi a Roma e piove, sei preoccupato di arrivare in tempo al luogo dell'appuntamento, e chiedi in giro se in 45 minuti ce la puoi fare prendendo i mezzi pubblici.
E tutti ti rispondono: "eh, a Roma quando piove il traffico raddoppia".
"Ma l'autobus che devo prendere passa ogni 12 minuti, dovrei farcela!"
"eh, ma a Roma gli autobus passano quando vogliono loro".
"e va bene, prenderò un taxi, sperando di pagare il meno possibile"
"eh, ma a Roma i taxi costano un sacco".

Salgo sul taxi. L'autista fa partire il tassametro da 2 euro e qualcosa.
"eh, ma a Roma è la tariffa base quando si parte da Termini" mi dice.
"Pazienza" rispondo. "Devo andare in via Tal dei Tali, conosce?"
"eh, ma a Roma è impossibile conoscere tutte le strade". E apre Tuttocittà.

Azzardo timidamente a dire all'autista che io vengo da Napoli, e che pure a Napoli quando piove c'è più traffico, gli autobus fanno come pare a loro, i tassisti sono ladri e la città è grande.
"eh, ma a Roma non te lo immagini quanto".

Mentre torno alla stazione Termini, stavolta con l'autobus, mi guardo intorno. C'è un sacco di gente che si fa i fatti suoi e non ti guarda in faccia.
Mentre aspetto il treno un ambulante mi offre un ombrellino a 2 euro, che rifiuto gentilmente.
Poi ricomincia a piovere e un altro ambulante mi offre lo stesso ombrellino a 10 euro. Ecco un super Bignami di economia.
Faccio una passeggiata col naso all'insu: laggiù si vede l'altare della Patria, mentre alla mia destra ci stanno le Terme di Diocleziano, dentro alle quali è stata ricavata una chiesa su progetto di Michelangelo. La cosa più sorprendente sono questi romani che passano davanti a tutto questo ben di Dio e non ci buttano manco uno sguardo. Al massimo ci buttano una bottiglietta di plastica vuota.
E improvvisamente capisco Ottone III. Il sentimento inspiegabile per cui pure se sei l'Imperatore della Galassia, pure se vieni da New York e sei un Guerriero della Notte, a Roma ti sentirai sempre un provinciale. Perchè "eh, ma a Roma..." vuol dire, "qua, in questa città, sono successe talmente tante cose di importanza mondiale, che io manco le so, e non me ne frega un cazzo di saperle, però sono successe qui, e dinne una e sicuro scopriamo che è successa qui, o anche se non è successa qui, allora se fosse successa qui sarebbe stato meglio. Perchè per queste strade ci ha camminato un sacco di gente della storia, e ci siamo inventati tantissime cose che io non so, però ce le siamo inventate noi. E pure se è successo mille anni fa, io comunque in qualche modo c'entro, e invece tu no. Quindi non mi rompere i coglioni con Napoli, perchè qua stiamo a Roma, e se non vieni da Roma, non sei un cazzo".

E io zitto sotto.

Poi riprendo il treno, e dopo qualche chilometro, quando di Roma non resta che una linea all'orizzonte, mi riprendo dalo stordimento e mi incazzo. E ripenso ad Ottone III.

3 commenti:

  1. Anche io quelle volte che vado a Roma (per fortuna quasi sempre per diletto) mi trovo a vivere le stesse sensazioni descritte qui.

    Su una cosa però manterrò sempre il punto: il traffico di Napoli.
    A Napoli il traffico trova la sua massima espressione. Chiunque, anche un tassista romano, abbia conosciuto il traffico di Napoli nell'ora di punta, anche solo col bel tempo, si arrende difronte a questo dato di fatto. E' o non è vero che a Napoli e solo a Napoli si son potuti inventare l'ingorgo a croce uncinata di bellavistiana memoria?
    Dunque, diamo a Cesare quel che è di Cesare, ma il traffico lasciamolo a Masaniello!

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  2. Il traffico di Napoli è un traffico Tetris.
    Il traffico di Roma è un traffico Fast and Furious.
    Preferisco il primo!

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  3. aaaaaaaaaaaagh!!! volevo metterlo anche io questo sfondo!!! vabbè, semmai lo cambierai fammi un fischio. bello il post, e mi sono piaciuti moltissimo i sagaci commenti ironici.
    BraFo

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