venerdì 13 gennaio 2012

La Compagnia di Sten, Capitolo 3 - Arrivano i mostri


E' dell'8 Marzo scorso l'ultimo aggiornamento delle mirabolanti avventure della Compagnia di Sten. Non vi lamentate: pensate se l'autore fosse George R.R. Martin! La verità è che abbiamo fin troppo atteso che tra noi master si tornasse a giocare quei vecchi crapuloni di Sten, Leoril e Pasgal, ma come dice il saggio, la vita è ciò che fai mentre aspetti di giocare a D&D.
Così ho finalmente deciso di lasciar spiccare il volo alla nostra Compagnia, slegandola dalle sessioni su client. L'unico limite: la fantasia!

Per chi, giustamente, non ricordasse niente delle precedenti avventure del trio delle meraviglie, consigliamo un ripasso dell'Introduzione, del Capitolo 1 e del Capitolo 2.
Buona lettura!

Anche questa volta il Turno di Giorno era capitato a lui. Non che fosse un orco particolarmente debole, anzi. Non che fosse stupido, nè sfortunato, nè brutto. Sotto tutti gli aspetti orchescamente rilevanti, questo particolare individuo non era niente più nè niente meno della media orchesca.
Eppure il Turno di Giorno era praticamente diventata la sua occupazione principale. Tuttavia, se gli svantaggi della sua condizione sociale si fossero esauriti con l'obbligo di fare il Turno di Giorno, questo orco non se la sarebbe presa più di tanto. Esistono orchi più sfortunati, ce li aveva sotto gli occhi tutti i giorni. Come ad esempio Prokl, l'addetto alle Latrine*.
Un gruppo di orchi, va da sè, è un terreno particolarmente fertile per quella peculiare attitudine delle specie viventi e socialmente organizzate che si chiama bullismo. Prendersela col più debole è, tra gli orchi, una pratica moralmente obbligatoria, quasi costruttiva: mira alla sopravvivenza del più forte e ad impedire che i soggetti svantaggiati possano riprodursi.
D'altro canto è anche una pratica non esente da un certo grado di equità: chi prende uno schiaffone gratuito può, anzi deve, provare a restituirlo, anche se questo significa moltiplicare gli schiaffoni ricevuti alla ennesima potenza.
Ma non esiste equità quando la causa del tuo svantaggio sociale è il tuo nome. Il nome è come una piattola particolarmente refrattaria a qualsiasi antiparassita: una volta che te lo sei preso non te lo levi più di dosso.
"Fiorelliiiiiiiiiiiiiiino" gli disse il suo compagno di turno, Grubgur senza-braccia, con il tipico tono cantilenante che Fiolel conosceva tanto bene. Pochi crederebbero a quante ottave sia in grado di risalire la voce di un orco, quando intende canzonare qualcuno. "Và a vedere cos'è questa puzza, Fiorellino".
Fiolel strinse le zanne. L'onta che macchiava la sua esistenza era costituita da due lettere, una muta potenza contro cui un orco poteva poco o nulla. Un orco che si rispetti deve avere almeno una G, una D, o una K nel nome. Potevano capitare orchi dai genitori particolarmente estrosi che ci ficcavano una S, magari una D. Ma la F sta in Farfalla, sta in Felicità, sta in Favoletta.
"Vado" disse Fiolel tirandosi in spalla l'accetta. Non aveva senso reagire. Il soprannome di Grugbur era una sua descrizione letterale. Grugbur non aveva le braccia. Sarebbe stato un bersaglio perfetto per un paio di schiaffoni bullistici ben assestati: ma aveva un nome con tutte le lettere giuste. Il suo vantaggio era scolpito nella pietra. Così Fiolel si avviò nel fitto del bosco, da dove proveniva quel puzzo di cadavere che aveva allarmato i due orchi.
Non che i genitori di Fiolel fossero particolarmente sadici, tutt'altro. Amavano il loro piccolo figlio secondo tutti i canoni orcheschi. Il loro problema era quel maledetto difetto di pronuncia comune, per il quale, Fiolel sospettava, si erano scelti e sposati. Quel che fosse, entrambi pronunciavano la S come F e la R come L. Siorer, doveva chiamarsi, e non sarebbe stato poi così male. Fiolel fu il nome con cui fu chiamato per tutta l'infanzia.
Nella radura erano sparpagliati una decina di cadaveri. Erano i vecchi lupi della Foresta Ululante, ed erano stati decapitati. Tutti. Fiolel riconobbe Denti Spezzati dal cinto erniario che gli aveva fabbricato di persona; vide inoltre Pancia Gonfia, così chiamato per la stitichezza senile che l'aveva trasformato in una specie di sfera con le gambe. Se non altro la morte gli aveva permesso di liberare le viscere.
Una serie di impronte profonde, di taglia umanoide, rivelò inequivocabilmente chi fossero gli autori di quella inutile strage.
"Avventurieri!" gridò Fiolel a Grugbur senza-braccia.
"Quanti?" gridò Grugbur di rimando.
"Tre, forse quattro!"
"Inseguiamoli" disse Grugbur sbucando infine da un cespuglio "dobbiamo sfruttare la superiorità numerica".
Fiolel sospirò.
"Grugbur, non NON abbiamo la superiorità numerica. Ce l'hanno loro. Noi siamo solo due; e tu non hai le braccia."
"Stà zitto, Fiorelliiiiiiiiino" pigolò Grugbur. "All'inseguimento!"
Grugbur partì alla carica con la sua tipica andatura basculante. Obbediva al richiamo ancestrale della natura orchesca: andarsi a schiantare sui gruppi di avventurieri era una tentazione irresistibile, come un parabrezza per i moscerini. Fiolel lo seguì senza molto entusiasmo e con prudenza: in lui il richiamo non era così forte, e per questo, forse, doveva ringraziare il suo nome, che ne aveva fatto una specie di orco di seconda categoria.

Sten era talmente euforico che aveva dimenticato totalmente il motivo per cui si erano messi in viaggio. Stava scegliendo la testa di lupo che avrebbe appeso sopra al caminetto della sede della Compagnia di Sten; e visto che era indeciso, da qualche ora si stava portando dietro un telone contenente una decina di teste di lupo mozzate.
"Quella bianca non è male" diceva trascinando il saccone, che sbatacchiava sulle radici sporgenti con uno sciacquettoso rumore di sangue rappreso.
"Ma non ha nemmeno un dente in bocca!" obiettò Leoril.
"Non è colpa mia se ho dovuto romperglieli tutti" disse Sten sfoderando l'espressione alungo provata davanti ad uno specchio: il Veterano.
"A me pareva non ce l'avesse sin da prima di incontrarti" disse Pasgal, ed era vero. Gengive sanguinanti era stato un povero lupo che si nutriva esclusivamente di poltiglia masticata da altri. "E comunque, per quando avremo concluso questa storia e avremo costruito la tua bella sede, quelle teste saranno puzzolenti carcasse piene di vermi".
"Potremmo lasciar perdere" azzardò Leoril cercando di cogliere l'attimo. "Torniamo indietro. Tanto quella guida elfica ormai sarà morta..." Era da quando quel lupo gli aveva sfiorato la gamba con un morso, facendogli addirittura uscire il sangue, che stava meditando quell'affondo. "Ascoltate me, quest'impresa è disperata. Rischiamo di lasciarci la pelle, e per cosa?"
"Per la gloria!" gridò Sten.
"Ma la gloria è una virtù transeunte" replicò Leoril. Era la sua tecnica preferita per uscire vittorioso da ogni dibattito: usare parole astruse di cui a malapena conosceva il significato.
La discussione avrebbe preso una piega spiacevole, pensò Pasgal. Sten si sarebbe impuntato e Leoril avrebbe cominciato a piagnucolare nel petulante stile elfico. Gettò uno sguardo indietro verso Cornelius, cercando aiuto, ma oltre all'espressione assente del chierico notò, tra le fronde alle loro spalle, un allarmante tramestìo.
"Orchetto!" gridò sguainando la spada, appena prima che Grugbur senza-braccia si gettasse letteralmente a testa bassa verso di loro. Lui la chiamava "l'Attacco del Toro Furioso", ma era chiaro a tutti che si trattava di null'altro che un nome nobile per "l'Unico Attacco Permesso ad un Orco Senza Braccia".
Come che si chiamasse, quell'attacco aveva una sua efficacia. Vedersi correre incontro all'impazzata un orco senza braccia, col capo chino ed il tronco ondeggiante, disorientava il nemico quei due secondi buoni per prendersi la craniata in pieno petto.
Cosa che accadde a Cornelius, che crollò con tutta la sua stazza addosso a Sten. L'impatto fu attutito dai crani lupeschi, ma il rumore che ne conseguì mise per sempre la parola fine ai sogni di trofei sul caminetto della Compagnia di Sten.
Con un colpo solo, Grugbur aveva messo fuori combattimento i due pezzi grossi della Compagnia.
"Spara un Dardo Incantato!" urlò Pasgal a Leoril, mentre si teneva a debita distanza dall'orco.
"Li ho finiti coi lupi!" rispose Leoril, ed anche questo era vero. Ne aveva usati otto con un solo lupo: col primo l'aveva ucciso, i successivi sette glieli aveva sparati per sicurezza. Scavò nella memoria per vedere quali incantesimi ancora si ricordasse, ma l'unico che non aveva usato era quello della Moltiplicazione dei Pesci. Leoril lo sceglieva sempre perchè lo faceva sentire importante.
Pasgal intanto aveva dato fondo alla sua abilità di tenersi a debita distanza. Sten e Cornelius erano stretti in un imbarazzante abbraccio, svenuti, su un letto di teste di lupo. Sembravano la copertina di un album death-metal. Grugbur decise di prendersela con l'unico bersaglio a tiro, e caricò verso Leoril.
L'elfo si rivide passare davanti agli occhi tutti i settecento anni della sua vita. Ricordò il giorno in cui Mhara Matrona, la tenutaria del bordello di Nido dell'Aquila, lo aveva trovato nello sgabuzzino, lasciato da qualche cliente distratto. Ricordò le infinite giornate passate a meditare su quali incantesimi lo rendessero più fico. Ricordò le infinite serate in taverna a vedere se quegli incantesimi l'avessero reso fico. Ed ecco a voi tutti i 700 anni di vita di Leoril.
E sarebbero terminati in quel modo inglorioso, schiantati dalla testa di un orco senza braccia, se la provvidenza non fosse intervenuta sotto forma di un'ascia lanciata a gran forza, che si conficcò nella schiena di Grugbur proprio un attimo prima che questi disintegrasse Leoril.
Anche Grugbur vide la sua vita passargli davanti. Vide il giorno in cui perse le braccia a causa di un'orchessa troppo bella per lui. Altri scrittori, forse, racconteranno la sua storia.

"Fiorelliiiiino" petulò Grugbur prima di morire. Fu l'ultima parola che pronunciò, e la usò per canzonare l'ultima volta l'orco che lo aveva ucciso.
Fiolel si avvicinò alla schiena del morto, estraendone l'ascia. Osservò l'elfo con gli occhi azzurri che quasi gli schizzavano fuori dalle orbite per la paura.
"Stai bene?" gli chiese in lingua comune**.
"Stà fermo, bestia!" Sten si era rialzato appena in tempo. Aveva superato alla sua maniera l'ambiguità della situazione che stava osservando. Era vero, quell'orchetto aveva salvato Leoril, il che significava solo una cosa: Leoril era alleato degli orchi. Questa era la maniera di Sten di districare gli enigmi: scegliere la soluzione più sbagliata possibile.
"Perchè l'hai salvato?" chiese Pasgal, ricomparendo dal buco dove si era nascosto. "Perchè mai un orchetto dovrebbe salvare un elfo?"
Fiolel aveva studiato la risposta a questa domanda un milione di volte, negli anni in cui era vissuto tra gli orchi.
"Io non sono un orchetto" disse. "Sono un uomo, trasformato da una maledizione in un orco. L'avete sentito, no?" ed indicò il cadavere di Grugbur, che aveva ancora disegnata in volto la smorfia canzonatoria con cui era morto "io mi chiamo Fiolel. Può esistere un orco che si chiami così? Ho vissuto nascosto tra gli orchi per anni, finchè non avessi trovato un gruppo di eroi coraggiosi che un giorno mi avessero aiutato a liberarmi dalla maledizione."
Seguì un pensoso silenzio.
Sten si era sciolto nel momento stesso in cui si era sentito chiamare eroe.
Cornelius era ancora svenuto.
Leoril si era sciolto nel momento stesso in cui quell'orco gli aveva salvato la vita.
Pasgal non credette ad una sola parola dell'orco. Ma accidenti, parlava bene il comune, aveva un bel lancio con l'ascia e voleva unirsi a loro. Quali che fossero i motivi, erano affari suoi.
"E, ehm, come si fa a spezzare la maledizione?" chiese, così, tanto per reggergli il gioco.
"Naturalmente" si intromise Sten "con il primo bacio d'amore!"
"Naturalmente" confermò Fiolel, cui non pareva vero di aver trovato delle persone così imbecilli. Nel migliore dei suoi sogni si era immaginato che, se mai il suo astruso piano avesse mai funzionato, l'avrebbero comunque trattato da schiavo. Di questo particolare gruppo, si rese conto, sarebbe presto diventato il capo.

* In orchesco, "latrine" si dice "kruptoj", che significa anche "ovunque capita". Gli addetti alle latrine orcheschi non soltanto raccolgono merda, ma devono anche camminare molto.
** Fiolel imparò il linguaggio comune durante i suoi turni di guardia nelle prigioni. Anche uno scaricatore di porto diventa un grandissimo insegnante di lingua quando ti minacciano con un ferro arroventato.


Al prossimo capitolo!

Nessun commento:

Posta un commento